venerdì 29 giugno 2007

Sul Principio Antropico

La precedente discussione sulla perfezione della natura ha portato qualcuno a mettere di mezzo l'uomo, quando io invece parlavo di perfezione nell'imperfezione. A questo proposito è quindi doveroso parlare brevemente di uno dei principi più discussi nel mondo scientifico, ovvero il famoso principio antropico. Esistono varie formulazioni del succitato principio, ma io ne ho una personale che probabilmente coinciderà con molte delle vostre: l'Universo è così com'è, perchè altrimenti non potrebbe essere.....L'altrimenti non potrebbe essere significa in poche parole che se l'Universo fosse stato diverso da come lo conosciamo, non l'avremmo mai conosciuto semplicemente perchè non saremmo potuti esistere. Inde l'Universo è così perchè in questo modo noi possiamo vivere. Come ho detto, questo principio fa tanto discutere; qualcuno non lo reputa un principio scientifico, altri non lo tollerano proprio, molti altri ancora invece ci credono fermamente. Da che parte vi schierate?

lunedì 25 giugno 2007

La natura......delle cose.

Qualche sera fa disquisivo con me stesso su di un argomento che in realtà prendeva con sè parecchi concetti molto sottili e non banali. Di solito mi pongo una domanda, o più domande e cerco di darmi le eventuali risposte. Non sempre raggiungo il mio scopo. Quella sera la domanda (che in realtà è partorita nel corso di più giorni) era: E' la natura perfetta? Pensavo e ripensavo a come la natura nel corso dei secoli si sia fatta sentire e a come abbia mostrato tutta la sua potenza. Poi ho iniziato a pensare alla meccanica quantistica e al suo rapporto con le cose di tutti i giorni, e lo stesso discorso l'ho fatto per la relatività. Ho iniziato a viaggiare con i pensieri fino all'estremo passato dell'Universo, compiendo un gedankesperimento che mi ha portato a soddisfacenti (per me) conclusioni. Da quel che ne sappiamo fin'ora, siamo nati insieme al resto di ciò che esiste nell'Universo, da fluttuazioni minime di densità, che piano piano si sono evolute per instabilità gravitazionale fornendo l'attuale Universo. E questo è un primo punto. Secondo punto: la piattezza dell'Universo, la sua omogeneità e isotropia fanno evolvere la potenza della natura. L'attuale densità dell'Universo è circa trenta ordni di grandezza sotto l'unità, mentre in epoche primordiali era circa novanta ordini di grandezza sopra. L'inflazione ci dice che l'Universo è stato tanto piatto allora non più di quanto lo sia ora, ma nel frattempo la densità ha subito una variazione di circa 120 ordini di grandezza (non banane). In poche parole, l'Universo ha deciso che (o forse sarebbe meglio dire la natura ha deciso che) la densità giusta non doveva essere diversa da quella che era e poteva scegliere tra infiniti valori possibili. Però, allo stesso tempo, potevano crearsi zone con densità lievemente diversa per fare in modo che nascessero le galassie. Dopo queste due cose, ho messo dentro la debolissima asimmetria barioni-antibarioni, l'entropia per barione e dulcis in fundo il principio di indeterminazione. Nel seguito, a tutto il discorso hanno fatto capo anche altre considerazioni di natura relativistica e quantistica. L'insieme di tutte queste mi ha portato a pensare che la natura sia perfetta nelle sue lievi imperfezioni e che se non fosse così, ......beh sarebbe un problema.

domenica 24 giugno 2007

La Radiazione Cosmica di Fondo

Il big bang è un istante di singolarità che ancora non conosciamo bene , e dove l'applicazione delle leggi fisiche fin'ora conosciute ha problemi non banali. Si riesce ad estrapolare informazioni sull'Universo neonato fino ad un tempo che viene chiamato ''tempo di Planck''. Benchè di solito la gente pensi al BB come ad un esplosione, in realtà è abbastanza improprio definirla così. Ad ogni modo, subito dopo la pseudo-esplosione si liberò una grande quantità di fotoni, e ora ci si può domandare dove questi fotoni siano finiti. Andiamo per gradi. In cosmologia si è soliti dare dei nomi alle epoche o ere importanti vissute dall'Universo. Nel percorso che dal BB ci porta fino a noi, troviamo almeno quattro epoche fondamentali che sono l'inflazione, cioè una rapida espansione del neonato Universo, necessaria per eliminare alcune difficoltà, l'equivalenza, ovvero l'uguaglianza tra densità di radiazione e densità di materia, la ricombinazione (nome a mio avviso improprio ma su questo non discuto), cioè l'allaccio tra ioni (nuclei privi di elettroni) ed elettroni, e la conseguente epoca del disaccoppiamento tra materia e radiazione. Fino a questa epoca, materia e radiazione si parlavano, e parlavano la stessa lingua, nel senso che interagivano termodinamicamente. Le condizioni dell'Universo essenzialmente lo consentivano. In quei tempi l'Universo era un brulicare di fotoni, elettroni e atomi ionizzati che interagivano tra loro; la materia scatterava (diffondeva) i fotoni generatesi dal BB, in quanto vi erano presupposti per tale comportamento. Una volta che con la ricombinazione e il conseguente disaccoppiamento, la materia diventò neutra, cominciarono a mancare questi presupposti, così le due componenti si diedero l'estremo saluto. Ora, la domanda nasce in modo alquanto spontaneo. Dove sono finiti i fotoni (che peraltro sono anche parecchi)? Negli anni sessanta due radioastronomi di nome Penzias e Wilson lavoravano presso un progetto per una compagnia americana, e adoperavano per il loro lavoro una antenna radio nemmeno troppo grande. Essi si accorsero che qualcosa nella loro strumentazione non funzionava bene, avevano un rumore di fondo. Corretto ciò che c'era da correggere, trovarono ancora il medesimo rumore, così con un ulteriore controllo si accorsero che un simpatica coppia di piccioni alloggiava nell'antenna. Ovviamente con cura, vennero mandati via, ma il problema persisteva. Ritrovarono la coppia di piccioni che fu seduta stante dissuasa da fare dell'antenna una piccionaia mediante arrosto (qualcuno sostiene che sia solo una leggenda, ma in più Penzias e Wilson parlarono di materiale dielettrico di color bianco). Il rumore persisteva. Si misero presto in contatto con dei Cosmologhi, tra i quali c'era nientepopodimenoche Peebles (ancora giovane), i quali si accorsero che i due radioastronomi trovarono ciò che loro cercavano da tempo (e che Gamow predette da tempo) cioè il fondo cosmico a microonde. Ebbene si, Penzias e Wilson, che per questo vinsero il Nobel, trovarono l'eco, il vagito del BB. I fotoni dopo il disaccoppiamento non sparirono dalla circolazione, ma dopo il loro cammino indisturbato per miliardi di anni, vennero trovati da un antenna di appena pochi metri. Penzias e Wilson trovarono la radiazione prodotta dal BB, una radiazione isotropa, la più perfetta radiazione di corpo nero. Grazie al CMB oggi sappiamo tante cose in più, informazioni utili per ricostruire i tempi primordiali vissuti dall' Universo. Varie missioni come COBE, WMAP ( e a breve PLANCK) hanno studiato il CMB, mostrando la straordinaria isotropia e omogeneità dell' Universo su grandi scale. Non a caso il CMB è considerata una delle più grandi scoperte in cosmologia, che ha portato e si spera continui a portare, importantissime informazioni.

giovedì 21 giugno 2007

Astronomia vs Astrologia

Il titolo già non mi garba più di tanto; un accostamento che non mi sta affatto simpatico, ma purtroppo è d'obbligo visto l'argomento del post. Detto questo, procediamo con l'argomentare. Da quando l'uomo è nato ahimè ha dovuto fare i conti con la propria ignoranza, ovviamente nell'unico senso della parola ignoranza, quello buono, cioè di persona che non sa che non conosce. Queste discipline (se ha un senso definire l'astrologia una disciplina) sono spesso state confuse da tanti, parecchi, troppi. Tutt'ora la gente confonde, non conosce o fa finta di non conoscere le enormi, abissali, catagalattiche differenze che ci sono tra le due. Andiamo per gradi. L'astronomia è una scienza seria, che si propone, nell'insieme di tutte le sue componenti, di studiare il cosmo e il suo contenuto, quindi le stelle, i pianeti, le galassie e tutto il resto. Questo lo fa, facendo uso di concetti fisici importanti, di ragionamenti fisici e deduzioni matematiche senza le quali nulla sarebbe possibile per lei. La matematica è la sua lingua, la fisica il suo cervello. Per secoli l'astronomo si è impegnato a dare al resto del mondo una ampia visione di ciò che c'è fuori dalla terra, di come ciò si sia originato e poi evoluto. Ancor oggi lo fa, sebbene parte del mondo se ne infischi. Quindi l'astronomia è una scienza seria, forse per alcuni la madre di tutte le scienze. Il buon Leopardi infatti definì l'astronomia come la più nobile e affascinante tra le scienze. Passiamo all'altra, l'astrologia. L'astrologia è un insulto bello e buono, un insulto a noi astronomi, un insulto all'intelligenza di ogni essere umano, astrologi compresi. Essa infatti cerca in un qualche oscuro modo, di collegare i movimenti o la presenza degli astri con il carattere di ogni singolo uomo, di definire quindi una sorta di influenza che gli astri avrebbero su ciascuno di noi. Gli astrologi infatti lavorano conoscendo realmente la posizione degli astri di loro interesse e associano questa alla nostra giornata, a ciò che in una giornata ci accade. Ovviamente c'è distinzione, altrimenti tutti dovremmo fare le stesse cose. La distinzione viene fatta in base al segno zodiacale, secondo cioè il periodo dell'anno in cui siamo nati, (e forse ignorano il fatto che lo zodiaco si sposta....). Perciò se uno è nato il 5 febbraio è quindi dell'acquario. Lui e tutto il resto dell'acquario ogni giorno dovrà fare le stesse cose. Ma così è troppo semplice. Infatti gli astrologi poi si sono inventati gli ascendenti per cercare di discriminare un po', peccato però che nell'oroscopo che tutti i giorni trovate, la distinzione rimanga su 12 segni zodiacali, per lui e per lei, come se le stelle, i pianeti e la luna sapessero quale differenza c'è tra un uomo e una donna.
Secondo voi, può una roba del genere essere considerata scienza? Può l'astrologia essere presa in considerazione? No ovviamente, e per e alla x con x tendente all'infinito motivi. Sul fatto che sia o non sia scienza non discuto perchè non voglio offendere la scienza. Vediamo se sia giusto almeno tenerla in considerazione. Direi di no, assolutamente no, no. Tanto per cominciare mancano i presupposti di base. Perchè gli astri dovrebbero influenzarci? Quale oscura forza oltre alle 4 conosciute dovrebbe collegare il nostro cervello e cuore alle stelle (beh per noi astronomi si, ma indubbiamente in un altro senso). La gravità. Uhm........................no. Una delle altre tre? Uhm..................no. Allora chi? Nessuna. Non c'è alcuna forza, peraltro istantanea, che sia in grado di definire un rapporto di influenza tra le stelle e l'umore e carattere di noi uomini. E poi, perchè gli animali no? Perchè non esiste un oroscopo anche per loro? Eppure anche loro sono fatti dei nostri stessi atomi. Ma vabbè, lasciamo stare questo punto. Facciamo invece un'importante osservazione. Al mondo ci sono circa 6 miliardi di uomini. I segni zodiacali sono 12, quindi supponendo isotropia e omogeneità, circa mezzo miliardo di uomini è del medesimo segno. Quindi secondo l'astrologia, mezzo miliardo di persone deve fare le stesse cose tutto il giorno, deve stare bene o male, fidanzarsi lasciarsi, andare bene a lavoro o meno, guadagnare soldi o perderli ecc ecc ecc. Mi sembra abbastanza inconcepibile una cosa del genere. Andiamo ora a fare una breve constatazione più significativa. Fino a uno/due secoli fa si conoscevano meno pianeti di quelli che siconoscono ora. Infatti sia Urano che Nettuno che Plutone (il quale poverino è stato declassato, e questo mi dispiace), fino a poco tempo fa non erano conosciuti. A quel tempo l'astrologia già esisteva, e impostava i suoi oroscopi sulla base dei movimenti dei pianeti conosciuti. Poi quando gli astronomi, e sottolineo gli astronomi, hanno scoperto il resto della famigliola chiamata sistema solare, i simpaticissimi astrologi hanno iniziato ad impostare i loro calcoli anche sulla base dei neoconosciuti pianeti. Prima forse non influivano sul nostro comportamento? Nel senso che, siccome non li si conosceva, allora non influivano? Ecco un ulteriore punto dove l'astrologia fa acqua. Nell'insieme, fa acqua da tutte le parti. Ora io mi chiedo perchè, perchè la gente continua a dare retta a certe cretinate che quotidianamente vengono propinate? Perchè nel 2007 c'è ancora un bordello di gente che crede realmente nell'astrologia, che si fa mandare via sms l'oroscopo quotidianamente? Perchè queste persone preferiscono credere all'astrologia, invece di avvicinarsi alla scienza? Problema non di banale soluzione è anche il seguente: l'astrologia si è affermata in tv, e i media danno largo spazio alle sue maldicenze diseducative. Questo è un ulteriore ostacolo che l'astronomia dovrebbe superare per esserre divulgata dai media, cioè radere al suolo l'astrologia. In più, deve fare i conti con la sua non semplicità, ma qui ci si potrebbe porre un rimedio. La tv preferisce l'astrologia all' astronomia, perchè la prima è più seguita, più semplicee porta più soldi, la seconda è una scienza seria, non semplice e decisamente meno seguita. Ciò mi turba assai, e quando ci penso, beh....potrete immaginare. Vi lascio allora questa domanda: cosa si può fare per portare l'astronomia ai livelli che merita (si intende come divulgazione), e cosa si può fare per far scendere l'astrologia ai livelli che merita? Si sa, ogni buon astronomo è indubbiamente di parte, ma con cognizione di causa, io personalmente rispondo solo così: gli addetti ai lavori (gli astronomi), se ci tengono dovrebbero divulgare l'astronomia in modo semplice facendo avvicinare le persone e insegnandoli i concetti base, per poi aprirle alle meraviglie del cosmo. L'astrologia dobbiamo continuare a smentirla e non finire mai. E' troppo diseducativa e superficiale, ed in più confonde le persone e le prende per i fondelli.

Il Piano Fondamentale III e ultima parte

Ieri siamo rimasti alla conclusione dell'elegante teoria sul FP che per via di un modello a due componenti con profili di densità a legge di potenza, fa vedere come il tilt, cioè il rapporto MB/L in realtà dipenda dall'esponente d, così come A e B. Mi aspetto però che la cosmologia si faccia sentire in qualche modo. Infatti attualmente abbiamo a disposizione almeno due modelli che possono descrivere la formazione e l'evoluzione delle galassie (nel merito non entro) e il FP è strettamente connesso con l'origine e l'evoluzione delle galassie quindi con questi modelli, altrimenti le galassie non avrebbero un comportamento così peculiare. Troviamo una relazione che definisce il FP che apparentemente non dipende dalla cosmologia. Però, come ieri ho anticipato, nei piani coordinati (non nello spazio in se!) troviamo le relazioni di scala più famose. Queste devono dipendere dalla cosmologia per tanti motivi, e uno potrebbe essere ad esempio che se così non fosse, allora ci dovrebbe essere un fine tuning, un' ''accordatura fine'' nel comportamento delle quantità fondamentali delle galassie. Ma il motivo principale, in realtà, sta (ma nemmeno qui posso entrare nel merito) nello spettro delle perturbazioni primordiali, cioè dalla slope della varianza in massa in epoche primordiali, cioè quando la natura gettava i semi per la nascita delle galassie (le disomogeneità appunto). Quando scrivo le tre quantità fin dall'inizio considerate in funzione di F e di MB, trovo per tutte e tre, una dipendenza dalla cosmologia (che chiamo C). Questo accade per tutte e tre le quantità. Se scrivo la relazione del piano in termini di F e MB con i rispettivi esponenti che sono funzione sia di C che di d, trovo due relazioni che mi forniscono entrambe due identità, d=d. Questo è importante, anzi è assai notevole. Vi sto praticamente dicendo che se tratto il FP in se, cioè nello spazio delle galassie, trovo una relazione tra le tre quantità R, D, e I dove non compare la cosmologia C, ma se mi metto nei piani coordinati, ho dipendenza da C. Impressionante. E' come se le relazioni coordinate si incastrassero alla perfezione e mi dessero un FP che non conserva informazioni sulla passata cosmologia. E' proprio così. La natura ha deciso che investigare sull'origine delle galassie costa sforzi in più di quelli fin'ora fatti. Il FP ci fornisce un grandissimo mezzo per farlo, anzi è esso stesso un mezzo potentissimo. Attualmente ancora sappiamo poco sia sul perchè le galassie si comportino così nel definire il FP, sia sull'origine e l'evoluzione delle galassie. Una volta che riuscuremo a capire come mai le galassie si dispongano in quel modo definendo il FP, quali siano i principi fisici alla base di ciò, capiremo sicuramente molto di più sulla formazione delle strutture cosmiche.

mercoledì 20 giugno 2007

Il Piano Fondamentale II parte

Rimboccandomi le maniche vi presento quello che vi avevo promesso, ovvero ciò che reputo la vera natura del FP. Essenzialmente dobbiamo considerare (prendiamo le ellittiche come riferimento) un modello di galassia soddisfacente, e attualmente sappiamo tutti essere un modello ad alone di materia oscura. Dobbiamo quindi considerare due componenti, la BM e la DM. Uhm...sembra difficile, ma in realtà non lo è poi così tanto, anzi è più consistente della precedente versione. Rappresentiamo perciò la nostra ellittica come un alone di DM con dentro racchiusa la BM, la quale ovviamente definirà una certo contorno S, entro cui però può entrare una certa frazione F di DM. Abbiamo necessariamente bisogno di un modello per le due componenti, ovvero di un profilo di densità per entrambe. Supponiamo perciò che le densità scalino come una legge di potenza, come un AD elevato d per la DM e come un AB elevato b per la BM, con AD e AB raggi viriali delle due componenti. Supponiamo inoltre che la DM sia congelata (in realtà non è un'ipotesi ma fingiamo che lo sia). Se sviluppassimo il teorema del viriale in forma tensoriale e lo applicassimo ad un modello a due componenti, otterremo che il viriale di Clausius della BM (ma anche della DM) è somma di due componenti: una componente autopotenziale e una mareale. Scriviamo il viriale di Clausius allora in questo modo: VB=SP+TP dove SP è la autopotenziale e la TP e la mareale, la quale è dovuta alla lunghezza di scala indotta dalla sola frazione F di DM che entra dentro S è che quindi conta come massa dinamica. Queste due le possiamo scrivere in un certo modo, ma basta sapere la dipendenza fondamentale. Se si fanno i conti infatti, si trova che la auto potenziale scala come AB e la TP scala come AB/AD elevato 3-d. Che faccio? Noto che la somma delle due mi da ovviamente il viriale di Clausius. Le due sono monotone, ma la loro somma, cioè VC (viriale di Clausius) ha un massimo nel loro incontro, e lo si deve calcolare. Allora lo derivo rispetto al rapporto dei raggi viriale AB/AD imponendo la derivata uguale a zero per (AB/AD)=(AT/AD) e trovo dopo semplici passaggi, una espressione per AT che sarebbe il raggio mareale della BM nel punto di massimo. Qui scrivo il viriale equipartendo l'energia tra le due energie, ovvero nei conti ne raddoppio una, e magicamente dicendo R circa AB trovo una relazione per il FP. R risulterà dipendere da D da F da AD e da MB (massa barionica) ciascuna elevata per una certa potenza di d. Ora devo sostanzialmente confrontare la nuova espressione del FP con quella che mi posso ricavare in modo diciamo ''classico''. La dispersione di velocità e la brillanza superficiale le confronto direttamente, ottenendo in funzione di d un'espressione per i coefficienti A e B. Se d=0.5 trovo esattamente i valori sperimentali. Lo stesso ragionamento lo posso fare per il tilt, e con d=0.5 trovo il tilt osservato. Si può notare in modo molto ovvio che tutte le quantità osservabili dipendono solo dall'esponente d, cioè solo dal profilo di densità della materia oscura. Questo è un risultato interessantissimo. Perchè? Essenzialmente perchè in questo modo spiego come mai qualunque galassia indipendentemente dalla sua morfologia popola il proprio FP, ovvero le ellittiche il loro, le spirali altrettanto e così via. Infatti il rapporto massa barionica su luminosità, quindi il tilt, varia con d, cioè posso avere una BM minore delle ellittiche (ma c'è un significato più ampio), ma il tilt sarà lo stesso anche se con uno punto zero più basso, in quanto esso dipende dall'esponente d, ciò solo dal profilo della DM. Quindi il FP, o meglio la relazione che lo definisce, in base ai parametri R, D e I, dipende solo da d. Mi aspetto però che nei piani coordinati, dove trovo le più importanti relazioni di scala, una galassia conservi un qualche riaggancio con la sua passata cosmologia. Per il momento accontentiamoci di questo, ma nel prossimo post vedremo come la cosmologia si faccia sentire e come il FP nasconda i suoi misteri.

venerdì 15 giugno 2007

Il Piano Fondamentale

Una volta ci si chiedeva se le stelle che ogni notte ormai da millenni osserviamo avessero qualcosa in comune tra loro, o meglio se le quantità che le caratterizzano, fossero in qualche modo collegate. Il diagramma H-R di cui probabilmente avrete sentito parlare più volte, pose definitivamente fine alla questione mostrando che se si rappresentano le stelle in un piano definito dalla luminosità e dalla temperatura (o magnitudine e colore) le stelle non si dispongono in questo piano come meglio pare a loro ma definiscono una sequenza che nell'H-R viene chiamata ''sequenza principale'', più varie zone ''speciali''. Risolto il problema delle stelle, una volta che l'uomo ha capito che la sua galassia non era l'unica esistente nell'Universo, ci si è presto chiesti se le galassie potevano avere un comportamento simile, ma la questione si presentò da subito più difficoltosa. Le galassie sono sistemi autogravitanti un pelo più complessi delle stelle, tanto è vero che da esse sono formate, ma non solo da stelle. Parte integrante è la metria oscura, che non è propriamente inerme. Il concetto di Piano Fondamentale (d'ora in poi FP) nacque intorno al 1987 quando due ricercatori per la prima volta ne evidenziarono la presenza per le galassie ellittiche, strutture essenzialmente sostenute dalla dispersione di velocità delle stelle. Loro notarono che se si rappresentavano le ellittiche in uno spazio a tre dimensioni in base alla loro luminosità, dispersione di velocità e brillanza superficiale, le ellittiche non si disponevano nello spazio in modo uniforme ma definivano una varietà bidimensionale in uno spazio a tre dimensioni, ovvero il FP. Presto si riuscì a capire che il FP è un qualcosa di comune a tutti i tipi morfologici di galassie, ma il salto di qualità vero e proprio lo si fece quando si capì che tutti i sistemi autogravitanti virializzati, dagli ammassi globulari ai superammassi di galassie, più di dieci ordini di grandezza in massa, popolano il loro FP, che nell'insieme forniscono ciò che venne chiamato ''metapiano cosmico''. Ovviamente c'è una ragione di questo apparentemente strano comportamento delle galassie, ragione che nasconde la loro origine e la loro formazione. Ne consegue che il FP è un potente strumento di indagine cosmologica, e una volta che si capisce il meccanismo fisico che permette alle galassie di non fare ciò che vogliono, si capirà qualcosina di più sulla formazione delle strutture cosmiche. Consideriamo fin da subito tre quantità fondamentali delle galassie ellittiche (ma il discorso si ripete per le galassie a spirali variando alcuni parametri) che sono: il raggio effettivo (d'ora in poi R), la dispersione di velocità (d'ora in poi D) e la brillanza superficiale media al raggio R (d'ora in poi I). Se si sviluppa il teorema del viriale in forma scalare e si prende la formulazione statica che tutti conosciamo (2 volte l'energia cinetica è uguale a meno l'energia potenziale) e si assume l'omologia delle strutture, si trova che R è proporzionale a D elevato un certo esponente A e a I elevato ad un certo esponente B. Il viriale in se direbbe che A=2 e B=-1, ma gli studi mostrarono valori abbastanza diversi da questi. Ciò presuppone che qualcosa non va bene, nel senso che o il viriale o l'omologia non sono condizioni applicabili. Infatti nel portare avanti i conti in realtà si trova la proporzionalità precedente con in più un rapporto tra la massa M e la luminosità L, che viene assunto costante con l'ipotesi di omologia. Questo rapporto tra massa luminosa e luminosità è ciò che viene chiamato tilt, in quanto si osserva che esso aumenta, seppur debolmente, con l'aumentare della massa. Ci si chiese come viene fuori il tilt e che origine abbia, ma la cosa si mostrò decisamente più difficile di quanto apparentemente sembrava. I primi risultati mostrarono un paio di vie, più o meno percorribili. La prima sostiene che il tilt è dato da un effetto della popolazione stellare, un'altra invece alla diversa distribuzione di materia oscura (d'ora in poi DM), diversa distribuzione orbitale delle stelle e anisotropie nella dispersione di velocità D, oppure ad una correlazione tra l'indice di Sersic che definisce il profilo di luminosità delle ellittiche e la luminosità L. Vi è però un altro modo per interpretare il FP, ma per ora basti questo. Nel prossimo post vedremo come , applicando una elegante teoria, si possa raggiungere un grande livello di comprensione del FP. Occorrerà rivedere le ipotesi iniziali, ed aggiustare in un certo modo il viriale, portandolo da scalare a tensoriale, e applicandolo ad un modello a due componenti, materia barionica (d' ora in poi BM) e DM.

Scienza vs Cultura Umanistica

Cari lettori, qualche tempo fa vi era nel blog del mio caro amico Fili di cui troverete il link affianco a dx (non è un differenziale) un' accesa quanto simpatica discussione a cui purtroppo non ho avuto il piacere di partecipare per via di impegni importanti. La discussione verteva sul peso della cultura umanista e quindi sulle facoltà umaniste all'interno dell'università italiana. La scienza ahimè, da quando è nata, ha dovuto scontrarsi con mille difficoltà, ma una mai è stata definitivamente sorpassata. In media la gente crede fermamente nella scienza, crede in lei perchè riesce a dimostrare ciò che afferma, ma quando si tratta di discutere qualcosa di un pelo più difficile del perchè stiamo ancorati a Terra o del perchè la Terra giri intorno al Sole e di questo non si stufa mai, nascono i problemi. Nascono i problemi perchè qualcuno inizia a tirar fuori strane questioni filosofiche e spesso si ancora al significato dei termini e crede, con il solo sillogismo, di risolvere questioni di carattere scientifico. Questo breve discorso vuole dire semplicemente che finchè si discutono problemi semplici, allora sono tutti simpaticamente d'accordo, ma quando si va verso le cose un pochino più per gli addetti ai lavori, allora qui la questione si inclina e la gente fa due cose: o crede e se ne frega dei motivi oppure è scettica perchè non comprende. Ho intitolato questo post in quel modo non a caso. Ai giorni nostri c'è ancora questo stupido diverbio tra le due parti, ma quel che ancora mi dà più fastidio è il peso che si dà alla cultura generale umanista piuttosto che alla sana scienza, che da quando è nata dà all'uomo motivi per far cose che abbiano un senso (ma questo lo può comprendere solo chi è nel giro). Per questo motivo mi trovo assolutamente d'accordo con chi sostiene che nelle università italiane c'è una certa mancanza di simmetria, ma questo vale anche fuori. Infatti in tv si vedono (tg esclusi e qualche film carino) solamente cretinate. La scienza in tv non esiste, si premia il GF come programma culturale e si dà a certi babbei la facoltà di sparare idiozie (gli astronomi avranno capito che intendo). Si dà un peso troppo alto alla cultura umanista, che, per carità, tanto di capello, ma non si apprezza nel modo giusto e non si sostiene nel modo giusto chi, come le facoltà scientifiche, meriterebbe davvero. L'umanità cresce grazie alla scienza, ma quella vera e non certe discipline che si reputano tali senza esserlo, per cui sarebbe meglio gratificare un pò di più il miglior mezzo che si ha a disposizione per raggiungere la verità delle cose, magari aiutandolo a crescere sempre più. Questo post si intona perfettamente con l'argomento dell'intero blog, il quale discute di argomenti astronomico-cosmologici e quindi fisici, e quindi scientifici. Spero a breve di discutere un problema di cosmologia a cui sono particolarmente affezionato e di cui mi sono occupato ultimamente (e di cui continuerò ad occuparmi).

mercoledì 13 giugno 2007

....ancora l'amato Principio

Propongo in questa sede un post di qualche tempo fa, in modo tale che coloro i quali avrebbero voluto commentare, ora possano farlo senza alcun problema. Gli troveranno maggiori info qui: http://emanuelecontiniibra1982.spaces.live .com .

Principio di equivalenza (parte finale)
Qualcuno aspettava con ansia l'arrivo di questo post che almeno per il momentomette fine alla nostra discussione sull'amato principio di equivalenza, annessie connessi. Marco nei due post precedenti è stato alquanto chiaro nel descriverela situazione che si è venuta a creare, quando tutto ebbe inizio, quando i nostricervelli iniziarono a concepire qualcosa di assolutamente insolito. Iniziammoindipendentemente a pensare, ma nell'abitudine di scambiarci le idee, capimmodi viaggiare sulla medesima frequenza. La nostra idea è alquanto semplice per lasua natura e per come essenzialmente in modo naturale viene fuori come i fioria primavera, ma cercare di spiegare LA SUA NATURA in parole (cioè oggetti composti da lettere, che hanno un senso compiuto) non è affatto semplice. Infatti ci vorrebbe la matematica, ma ancora il formalismo che occorrerebbe nonè in pieno mio possesso, quindi fino a quando io e/o Marco non colmeremo questelacune, codeste parole che seguono resteranno SOLO parole. Partiamo dal principioe proseguiamo poi a fare il punto della situazione. Il principio di equivalenza inversione debole afferma che in un campo gravitazionale qualsiasi è sempre possibilescegliere un sistema di riferimento che sia localmente inerziale, cioè che in unintorno sufficientemente piccolo del punto le leggi del moto assumono la stessa forma che avrebbero in assenza di gravità (se ad esempio sono in caduta libera, la forza apparente annulla la gravità). La versione forte invece sostiene che, in unlaboratorio non rotante, che sia schermato da forze elettromagnetiche e che si troviin caduta libera, le leggi della fisica e il loro contenuto numerico sono indipendentidalla posizione del laboratorio. In tale laboratorio, inoltre, tutte le particelle,che siano abbastanza piccole da poter trascurare su di loro le forze mareali e libere da forze non gravitazionali, si muovono senza accelerazioni (ovvero invarianzadelle leggi della fisica nei sistemi di riferimento inerziali). No. Credo che così non vada bene. Ciò implica un qualcosa che veramente non riesco ad accetare: la massainerziale equivale alla massa gravitazionale. Nel tentativo di dimostrare il principiodi equivalenza, circa un mese e mezzo fa, nacque dentro di me la convinzione che inrealtà la massa inerziale nn esiste, o meglio, è la manifestazione della vera eunica massa, quella gravitazionale, in opportune condizioni. Per quale motivo dovrebbero esistere due masse, che guarda caso, coincidono numericamente? Quando sidice che è sempre possibile scegliere un sistema di riferimento che sia localmenteinerziale in presenza di un campo gravitazionale, non sono d'accordo, anzi lo sonosolo in parte. Se lo scelgo, è perchè voglio fare a meno della gravità, cioè voglioche le leggi del moto si comportino come se g non ci fosse. Va bene, però è solo un artifizio per trascurare g, così parlo di massa inerziale. Col principio in versione forte estendo a tutte le leggi fisiche. Ma non è forse probabile che localmente siag ad agire in modo tale da far si che valgano i suddetti due principi? Se pensassialla massa come fautrice della gravità (nel senso che la massa acquista importanzasolo perchè genera g) allora l'inerzia della massa la butto via perchè non potreipensare la massa come la proprietà di un corpo di opporsi ad una forza. Siccome fabene essere relativisti e pensare alla gravità come ad una curvatura spaziotemporale,allora chiamiamo una curvatura nulla inerzia. Va bene, sono d'accordo. Ma localmentelo farei io con un artifizio ad avere curvatura nulla quindi g nulla quindi inerziaquindi massa inerziale. Se g è nulla, allora l'inerzia esiste, ma se g è diversa dazero no. Qualunque misero corpo però curva lo spaziotempo, cioè possiede una g. Se sifa in modo che g sia nulla (col corpo in accelerazione) , allora qualunque misero corpo sarebbesottoposto all'inerzia. Ma (è qui viene il bello, il succo del concetto) possiamo vedere ciò che chiamiamo inerzia come un tentativo (perenne se il moto continua indisturbato) di g di farsi nuovamente valere. Essenzialmente sarà il tentativo di ritrovare l'equilibrio con una qualunque altra massa. Se quel corpo fosse l'unicooggetto dell'universo allora dire inerzia sarebbe giusto (nel senso che null'altro influenza g), ma se così non fosse, dire effetto gravitazionale inverso, sarebbe più giusto. Non so quanto
si possa capire da questa spiegazione, ma come avevo anticipato, raccontare la nostra idea
non è semplice, ci vorrebbe la matematica. Comunque in conclusione, non dico che il PE siaerrato, ma affermo che andrebbe rivisto per i termini in uso e in merito al suo senso.Credo quindi che si possa abbandonare il concetto di inerzia e introdurre unqualcosa concettualmente dipendente solo dalla gravità, ma conservare l'idea di sistema inerziale per il senso che comunemente gli vien dato.

Parlatemi di inerzia in prossimità dell'orizzonte degli eventi di un buco nero......

martedì 12 giugno 2007

La Cosmologia

Cara e vecchia scienza....nobilissima. Ora chi ha a che fare con la scienza, non può che porre la cosmologia al rango più alto. Ma una volta non era così. Questa affascinante quanto nobile disciplina non è poi così anziana come si crede, infatti si può, senza rischio di errore, affermare che essa non ha più di un secolo. Fin dai tempi più remoti l'uomo alzava lo sguardo al cielo e comtemplava le immensità e le naturali bellezze del cosmo. Si poneva delle domande che irrimediabilmente restavano senza risposte. Ora noi alziamo lo sguardo, ne ammiriamo le bellezze, ma abbiamo un'occhio più clinico (qualche telescopio più potente), ma soprattutto abbiamo dei mezzi teorici, un formalismo analitico di alto livello. Ancor prima della scoperta della relatività generale da parte del genio Einstein, la cosmologia non poteva essere reputata una scienza di alto livello, perchè le mancava parecchia matematica, le mancava il linguaggio. Il resto dell'astronomia godeva invece di tutto questo. Gli astronomi pre-relativistici sapevano fare tante cose, registravano magnitudini, calcolavano luminosità, moti di stelle, di pianeti e tanto altro. Ma all'epoca per la cosmologia neonata, c'era un problema di fondo. Come si può studiare l'origine e l'evoluzione del nostro Universo se non si sa nemmeno se la Via Lattea è l'unica galassia o se c'è ne sono altre? Come si può investigare l'Universo se non abbiamo una metrica buona che ne descriva lo spazio e il tempo? A quel tempo la cosmologia soffriva di questi problemi, vedeva l'originarsi di grandi dibattiti tra i cosmologici. Chi sosteneva che la nostra galassia fosse l'unica, chi sosteneva che vi erano altri universi isole, le altre galassie. Ancor prima di questi dibattiti, Einstein ideò la più grande teoria che sia mai stata concepita dallo sforzo di un solo uomo, la relatività generale, e diede in questo modo ai cosmologi, la base per produrre dei lavori, la base per lo studio del nostro sconfinato Universo. Fu allora che la cosmologia fece un balzo in avanti e iniziò il suo inarrestabile cammino, producendo una gran messe di dati scientifici, scoperte e quant'altro. Fu da allora che iniziò ad accapparrare a se l'attenzione di parecchi scienziati, astronomi, fisici e anche matematici. L'input più forte venne quando, non ancora concluso il grande dibattito sugli Universi isole degli anni venti del secolo scorso, un astronomo e cosmologo osservativo. Edwin Hubble, scopri la recessione delle galassie. All'epoca ancora non si capiva bene se quei sbuffi di gas che si osservavano, fossero galassie o fosse semplicemente gas vagante per la Via Lattea. Ma Hubble, che era un grande astronomo, indubbiamente uno dei migliori di tutta la storia dell'astronomia, adoperò il metodo della Leavitt (cefeidi) per capire la distanza di questi Universi isole. Non solo riuscì a scoprire che erano fuori dalla nostra galassia, ma avendo calcolato la loro velocità radiale, capì, interpolando i dati, che più lontano erano, più veloce si allontanavano da noi, come se noi fossimo il centro (infatti non lo siamo). In sostanza, egli scoprì quella legge che oggi porta a pieno titolo il suo nome, ovvero la legge di Hubble della recessione delle galassie. Essendo un cosmologo osservativo, e immaginando cosa poteva significare una cosa del genere, una legge che implica un'espansione (allora si pensava che l'Universo fosse statico, eterno ed immutabile), non fece alcuna considerazione in merito, limitandosi esclusivamente a pubblicare i suoi dati.
Dopo questa orgogliosa scoperta si aprirono sconfinate strade. Einstein tolse dalle sue equazioni la costante cosmologica che aveva precedentemente introdotto ad hoc per ottenere un Universo statico. Si aprirono gli scenari del big bang, della formazione delle strutture cosmiche, dapprima solo con materia barionica e dopo con l'inclusione della dark matter. Sostanzialmente si modellò il modello standard. Ora, dopo quasi ottanta anni dalla scoperta di Hubble, c'è chi osserva il cosmo, chi simula (chi fa ambo le cose) e chi lavora con la teoria. Ora si, la cosmologia è una scienza a tutti gli effetti, una scienza che non ha nulla da invidiare alle altre, la scienza del tutto. Stima dunque verso questa disciplina e onore a lei, orgogliosa conquista moderna, che, come scienza dell'Universo, cerca di spiegare l'origine e l'evoluzione dell'Universo.