venerdì 15 giugno 2007

Il Piano Fondamentale

Una volta ci si chiedeva se le stelle che ogni notte ormai da millenni osserviamo avessero qualcosa in comune tra loro, o meglio se le quantità che le caratterizzano, fossero in qualche modo collegate. Il diagramma H-R di cui probabilmente avrete sentito parlare più volte, pose definitivamente fine alla questione mostrando che se si rappresentano le stelle in un piano definito dalla luminosità e dalla temperatura (o magnitudine e colore) le stelle non si dispongono in questo piano come meglio pare a loro ma definiscono una sequenza che nell'H-R viene chiamata ''sequenza principale'', più varie zone ''speciali''. Risolto il problema delle stelle, una volta che l'uomo ha capito che la sua galassia non era l'unica esistente nell'Universo, ci si è presto chiesti se le galassie potevano avere un comportamento simile, ma la questione si presentò da subito più difficoltosa. Le galassie sono sistemi autogravitanti un pelo più complessi delle stelle, tanto è vero che da esse sono formate, ma non solo da stelle. Parte integrante è la metria oscura, che non è propriamente inerme. Il concetto di Piano Fondamentale (d'ora in poi FP) nacque intorno al 1987 quando due ricercatori per la prima volta ne evidenziarono la presenza per le galassie ellittiche, strutture essenzialmente sostenute dalla dispersione di velocità delle stelle. Loro notarono che se si rappresentavano le ellittiche in uno spazio a tre dimensioni in base alla loro luminosità, dispersione di velocità e brillanza superficiale, le ellittiche non si disponevano nello spazio in modo uniforme ma definivano una varietà bidimensionale in uno spazio a tre dimensioni, ovvero il FP. Presto si riuscì a capire che il FP è un qualcosa di comune a tutti i tipi morfologici di galassie, ma il salto di qualità vero e proprio lo si fece quando si capì che tutti i sistemi autogravitanti virializzati, dagli ammassi globulari ai superammassi di galassie, più di dieci ordini di grandezza in massa, popolano il loro FP, che nell'insieme forniscono ciò che venne chiamato ''metapiano cosmico''. Ovviamente c'è una ragione di questo apparentemente strano comportamento delle galassie, ragione che nasconde la loro origine e la loro formazione. Ne consegue che il FP è un potente strumento di indagine cosmologica, e una volta che si capisce il meccanismo fisico che permette alle galassie di non fare ciò che vogliono, si capirà qualcosina di più sulla formazione delle strutture cosmiche. Consideriamo fin da subito tre quantità fondamentali delle galassie ellittiche (ma il discorso si ripete per le galassie a spirali variando alcuni parametri) che sono: il raggio effettivo (d'ora in poi R), la dispersione di velocità (d'ora in poi D) e la brillanza superficiale media al raggio R (d'ora in poi I). Se si sviluppa il teorema del viriale in forma scalare e si prende la formulazione statica che tutti conosciamo (2 volte l'energia cinetica è uguale a meno l'energia potenziale) e si assume l'omologia delle strutture, si trova che R è proporzionale a D elevato un certo esponente A e a I elevato ad un certo esponente B. Il viriale in se direbbe che A=2 e B=-1, ma gli studi mostrarono valori abbastanza diversi da questi. Ciò presuppone che qualcosa non va bene, nel senso che o il viriale o l'omologia non sono condizioni applicabili. Infatti nel portare avanti i conti in realtà si trova la proporzionalità precedente con in più un rapporto tra la massa M e la luminosità L, che viene assunto costante con l'ipotesi di omologia. Questo rapporto tra massa luminosa e luminosità è ciò che viene chiamato tilt, in quanto si osserva che esso aumenta, seppur debolmente, con l'aumentare della massa. Ci si chiese come viene fuori il tilt e che origine abbia, ma la cosa si mostrò decisamente più difficile di quanto apparentemente sembrava. I primi risultati mostrarono un paio di vie, più o meno percorribili. La prima sostiene che il tilt è dato da un effetto della popolazione stellare, un'altra invece alla diversa distribuzione di materia oscura (d'ora in poi DM), diversa distribuzione orbitale delle stelle e anisotropie nella dispersione di velocità D, oppure ad una correlazione tra l'indice di Sersic che definisce il profilo di luminosità delle ellittiche e la luminosità L. Vi è però un altro modo per interpretare il FP, ma per ora basti questo. Nel prossimo post vedremo come , applicando una elegante teoria, si possa raggiungere un grande livello di comprensione del FP. Occorrerà rivedere le ipotesi iniziali, ed aggiustare in un certo modo il viriale, portandolo da scalare a tensoriale, e applicandolo ad un modello a due componenti, materia barionica (d' ora in poi BM) e DM.

10 commenti:

sushi john ha detto...

vedo elegante teoria e subito Luigi mi appare come un Santo. aaaah, altro che Madonna di Fatima... lasciateci le nostre apparizioni pagane.

Deezzle ha detto...

Sei davvero forte Emanuele. We love you (and the FP).

Filippo il mulo ha detto...

E a Caimmi non ci pensa nessuno? Santi subito Secco e Caimmi!

ASTRONOMIA ha detto...

Sono due scienziati parecchio in gamba, ma parecchio però......

sushi john ha detto...

direi che il titolo di questo film è applicabile all'articolo sul FP di Secco + Caimmi.

sushi john ha detto...

bel film tra le altre cose.

sushi john ha detto...

ehi bh, sul mio blog nn c'è nessun commento(!). mi sa ke hai fatto i soliti casini. :P

ASTRONOMIA ha detto...

Ma porca p......

Anonimo ha detto...

Well said.

Anonimo ha detto...

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